Collisione sfiorata tra nave e barca a vela: «Salvi per miracolo»

Analisi del racconto di un velista:

Livorno, la denuncia del comandante della barca a vela: «Il traghetto ci veniva addosso, a bordo anche tre bambini: ho pensato di morire» di Federico Lazzotti

 LIVORNO . «Mi sono voltato e ho visto un grattacielo alle nostre spalle, ho pensato: siamo morti. Solo grazie a una manovra incredibile siamo ancora tutti vivi». A diciassette ore dalla scampata collisione con il traghetto ha ancora la voce che trema per lo spavento.

«Siamo partiti da Livorno intorno a mezzogiorno diretti all’isola di Capraia quando, alle 16,30 arrivati in prossimità dell’isola di Gorgona, ho visto in lontananza una nave che faceva la nostra stessa rotta e pensavamo cambiasse direzione in modo da riuscire a passarci a una certa distanza.

Invece – secondo il racconto del velista – la nave, partita dal porto di Livorno e diretta in Corsica – ha proseguito nella medesima direzione, senza accorgersi della barca a vela che la precedeva. Pochi minuti dopo il primo avvistamento quello che si sono trovati di fronte Luciano e il figlio Leonardo è un’immagine che nessun velista vorrebbe mai vedere: Il traghetto – ricorda Luciano – era a poche centinaia di metri di distanza da noi. Cosa ho fatto? La sola cosa che potessi fare: una disperata manovra per allontanarci dalla sua rotta virando di circa quaranta gradi. La nave, resasi conto di quello che stava per accadere, ha virato a sua volta di novanta gradi sulla sua sinistra».

È grazie a queste due manovre che è stato possibile evitare la collisione che avrebbe avuto conseguenze tragiche per l’equipaggio a bordo della barca a vela. «La nave – ammette ci è passata a circa quindici venti metri di distanza: un miracolo. Quello che non riesco

a capire – prosegue – è come sia possibile che sulla plancia di comando nessuno si sia accorto prima della nostra presenza. In un periodo dell’anno come questo, dove in mare ci sono decine di piccole imbarcazioni il rischio è che un giorno possa davvero accadere qualcosa di irreparabile».

Le mie personali riflessioni

Leggendo questo racconto non posso che richiamarmi al concetto tante volte lamentato dai diportisti italiani che in Italia siamo oggetto di leggi, gabelle e balzelli obbligatori.

All’estero non vi sono imposizioni di legge ma è il comandante a determinare quali debbano essere le dotazioni di bordo atte a garantire la sicurezza. Il risultato? Scopriamo che quasi sempre sono munite di tutto e di più, ben oltre a quelle che sono le prescrizioni italiane.

Nella vicenda sopra riportata avere a bordo un apparato AIS ed un VHF-DSC avrebbe permesso all’imbarcazione a vela di determinare, già ad oltre 30 miglia di distanza, il reale rischio di collisione, e rilevare la eventuale variazione di rotta da parte della nave. La nave sarebbe stata allertata con un segnale ben udibile circa il pericolo in essere.

Quindi, anche nell’ipotesi avanzata dal proprietario dell’imbarcazione a vela “come sia possibile che sulla plancia di comando nessuno si sia accorto prima della nostra presenza”, l’istallazione di un AIS avrebbe fornito con largo anticipo qualsiasi indicazione di rischio di collisione.

Sarei tuttavia orientato ad escludere categoricamente la mancata guardia in plancia da parte dell’equipaggio della nave.

Da rilevare invece la mancanza del più elementare obbligo da parte del comandante dell’unità a vela, di avere cercato di contattare via radio la nave per evidenziare il rischio (VHF Ch 16).

C’è da chiedersi se a bordo della vela la radio fosse accesa o meno (difficile pensare che la nave non abbia effettuato alcuna chiamata).

Meraviglia il fatto che il velista abbia sporto denuncia dell’evento presso l’ufficio locale marittimo di Capraia soltanto 17 ore dopo l’evento. Era certamente opportuno contattare immediatamente Roma Radio per evidenziare quanto avvenuto, affinché Compamare Roma potesse controllare in tempo reale la traccia AIS della nave.

Analizzando la cinematica dell’evento, possiamo evidenziare quanto segue:

L’imbarcazione a vela naviga a 8 nodi (dichiarazione del proprietario) mentre la nave in oggetto naviga di media ad una velocità di 16 nodi. La velocità di avvicinamento della nave alla vela è quindi di 8 nodi (16-8) percorrendo circa 250 metri/minuto, lasciando quindi tempo sufficiente per qualsiasi manovra evasiva.

Disponendo di un apparto AIS la situazione si sarebbe potuta tenere sotto controllo già due ore prima (portata media dell’AIS 30 miglia), da parte di ciascuna delle due unità.

In una nave, come quella in questione vi sono sofisticate apparecchiature di bordo.

In caso di necessità, la nave accosta di soli 2-3-gradi, abbondantemente sufficienti per evitare la collisione. Da bordo di un’imbarcazione a vela questi valori di accosto sono difficilmente apprezzabili, a meno che non si disponga di un AIS.

L’ipotesi più accreditabile è che se l’unità a vela avesse mantenuto una rotta costante e la nave avesse accostato di soli 2 gradi, la nave sarebbe passata a 0,6miglia – oltre un chilometro di distanza dalla vela.

 

 

 

 

 

 

 

Molto spesso banali errori di valutazione dovuti all’agitazione del momento, inducono a prendere decisioni sbagliate e pericolose.

Altra situazione:
Di seguito i fatti  esposti lo scorso anno su facebook da un diportista, evidentemente andato nel pallone nonostante avesse a bordo anche l’AIS:

 “Mi sono trovato circa a mezzanotte, tra Capraia e l’Elba, con rotta 15 un puntino sull’AIS corrispondente a nave passeggeri con rotta 205 esattamente sulla mia direttrice.
Il problema grosso fu il fatto che piano piano all’avvicinarsi della nave, tra le ventimila luci che bardano questi mezzi, non siamo riusciti a vedere né il rosso né il verde….a 50 metri con panico a bordo, senza sapere dove virare esattamente, ho virato deciso a sinistra…….passando a 50 metri dalla prua della nave….avrei dovuto andare a destra……mai successa una cosa del genere….”

Nel panico il diportista ha avventatamente accostato all’ultimo momento a sinistra, tagliando pericolosamente la rotta alla nave, passando a soli 50 metri dalla sua prua. Sciagura evitata per un pelo!

 Considerazioni:

Per quanto possa essere oggettivamente difficoltoso individuare le luci di via tra le numerose luminarie di una nave, un buon binocolo è di grande aiuto.

A prescindere da questo le navi hanno (e queste ben in vista, al di sopra di ogni altra luminaria), due luci motore, di cui quella posta a poppa deve essere posizionata ad un’altezza di almeno 4,5 metri più in alto, fornendo un ulteriore, discreto elemento di riconoscimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

La questione più allarmante sta nel fatto che la vela disponeva anche di un AIS che, come dichiarato dal diportista, evidenzia la rotta e la distanza precisa della nave, oltre all’eventuale allarme di rischio di collisione (che in questo caso non è stato riferito se sia intervenuto o meno). Il diportista non è stato tuttavia in grado di interpretarne il funzionamento.

Come precedentemente detto la portata di rilevamento dell’AIS è mediamente di 30 miglia, quindi una nave che viaggia a 20 nodi è rilevabile con 90 minuti di anticipo, più che sufficienti a fare qualsiasi calcolo o prendere qualsiasi decisione ma, prima di tutto, contattarla con il VHF.

Disponendo di un foglio di carta quadrettato, è possibile procedere come segue:

Si tracciano due righe con le due inclinazioni che rappresentano le due rispettive rotte, che incrociano al centro del foglio.

Dal punto di intersezione 0 si riportano le rispettive due velocità, verso la posizione di ciascuna unità, segnando i punti A e B.

Ci sarà rischio di collisione, solo se la distanza fra i due punti A e B sarà uguale alla distanza tra le due navi indicata dall’AIS.

Quanto sopra testimonia come nella maggior parte dei casi è proprio agitazione e stress a concorrere ai sinistri, oltre all’inosservanza delle corrette procedure.

Taluni hanno inoltre balorde convinzioni quali ad esempio che le navi di linea hanno la precedenza su ogni altra unità, che le navi non danno le precedenze dovute o che siano da considerare tout-court con difficoltà di manovra.

È invece vero che le navi sono sempre e comunque tenute a dare le precedenze secondo le direttive COLREGS.
Solo le navi che mostrano i segnali prescritti sono da considerarsi con difficoltà di manovra.

Le unità che hanno la precedenza non devono modificare rotta e velocità e se necessario, mai accostare a sinistra (COLREGS regola 17).

Per fare un esempio:
Golfo di Napoli, vento zero, navigo a motore con la mia barca a vela, a secco di vele, a 6,5 nodi.
Da dritta arriva una barca a motore che naviga a circa 20 nodi.
Pur senza un reale rischio di una collisione, attendendo le regole, accosto a dritta di 30° per dare la precedenza. Contemporaneamente la barca a motore, forse per inopportuna gentilezza ma disattendendo le regole, accosta a sinistra per passarmi a poppa, mettendosi in rotta di collisione.

Un’unità a vela che incrocia una nave a motore che proviene da sinistra, non dovrà mai accostare a sinistra nell’intento di passarle da poppa in quanto la nave, seguendo le regole, accosterà a dritta. In caso di collisione la responsabilità sarà dell’imbarcazione a vela!

Qualsiasi manovra tesa ad evitare una collisione deve essere effettuata con largo anticipo.

Ricordiamoci quindi che lo strumento più utile per evitare una collisione in mare è il VHF e la buona conoscenza delle regole!

L’AIS (attivo e passivo) è un validissimo ausilio alla sicurezza.

C’è inoltre da notare che nella conduzione del mezzo molti diportisti non sono in grado di mantenere una rotta costante ed avanzano a zig-zag, specialmente quando incrociano altre unità, nell’incertezza di cosa fare e vanificando qualsiasi possibilità di determinare se vi sia o meno rischio di collisione, terminando spesso la manovra a dispetti delle regole.

Inesperienza? Errori di valutazione? Panico? Scarsa conoscenza delle regole?

Andare per mare è bellissimo ma non si devono sottovalutare i rischi che troppo spesso, per nostre carenze, sono la causa di incidenti spesso senza conseguenze, ma talvolta disastrosi.

Buon vento

Giuseppe Accardi
Universo Mare
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